sabato 13 maggio 2017

Recensione "Le cicatrici dell'odio" di Claudio Battaglia


Un saluto a tutti i nostri appassionati lettori dalla vostra Diaspro! Ultimamente sono rimasta un po' indietro con i fantasy e mi sono data alle storie d'amore, quindi ecco un'altra recensione di quel genere, anche se lo definirei leggermente diverso dai soliti romanzi rosa. Cominciamo!

Titolo: Le cicatrici dell'odio

Titolo originale: Le cicatrici dell'odio

Serie: -

Autore: Claudio Battaglia

Genere: Dark Romance

Sottogenere: Soft Erotico, Thriller

Anno: 2017


Sinossi: Silvia è una ragazza semplice, di Latina, che ha smesso di credere nell'amore, semplicemente perché l'amore l'aveva delusa. Non crede nell'amore anche quando incontra Matteo, pazzo di lei, sempre gentile, dolce, innamorato follemente... fino al punto da spingersi oltre, troppo oltre. Questa storia ci fa riflettere, ci dice a caratteri cubitali che non tutti sanno amare nel modo giusto; ci dice anche che prima o poi la ruota gira per tutti e per Silvia la ruota avrà un nome: Gennaro.

Voto
Contro:

Devo proprio ammetterlo: dare 3/5 a questo romanzo è stato davvero difficile per ragioni che esporrò più avanti, ma non ho potuto assegnare di più per alcuni importanti motivi che elencherò qui sotto.

Essendo il libro edito da una casa editrice ci si aspetterebbe una giusta correttezza grammaticale e sintattica nelle frasi, eppure sono presenti errori un po' di tutti i tipi, come virgole a caso nella maggior parte del romanzo e congiuntivi mancanti quando davvero dovrebbero andare.
Questo me lo sarei aspettato più da un libro di un autore self poiché non tutti fanno revisionare i propri scritti da un editor. C'è da dire quindi che questa non è del tutto colpa dell'autore quanto dell'editore, che non è riuscito sopperire tutte le mancanze.

Una volta che ci si abitua allo stile carico di virgole e povero di punti però non è male, bisogna giusto entrare nell'ottica dello stile del narratore che è un po' fuori dal comune. Troviamo a volte, infatti, la seguente espressione: "Nome: "dialogo diretto". "
Questa è una cosa che mi infastidisce un poco in un romanzo, poiché sono dell'idea che già non è necessario spiegare chi è a parlare se si è ottimi narratori, ma metterlo per inciso prima, senza una minima parte narrativa che introduce quel dialogo, sa un po' di forzato e non parte del racconto. 
Oltre questo fatto, in generale troviamo quasi sempre i due punti prima del dialogo se vi è una frase che lo precede.

Ma visto che siamo in argomento "dialoghi" vorrei analizzarli per intero. Questi ultimi fanno molto ricorso al linguaggio parlato, usando abbreviazioni, espressioni puramente verbali e discorrendo in modo un po' "rozzo". La cosa mi ha un po' fatto strano all'inizio, ma poi mi ci sono abituata, oserei dire piacevolmente verso la fine, poiché Gennaro e la sua famiglia sembravano parlare proprio con il tono di veri napoletani. Tutti gli altri però avevano parlate molto simili tra loro che si differenziavano ben poco dalle altre. Ok, per la maggior parte del tempo sono stati i componenti della stessa famiglia in primo piano, però hanno personalità diverse e quindi sarebbe stato fantastico se avessero avuto un po' di distacco nello stile in più l'uno dall'altro.

Pro:

Il fatto che la storia metta così ansia per me è un pro poiché significa che riesce a suscitare molte emozioni, al contrario di come avevo creduto all'inizio. Questo perché l'inizio era un po' lento, forse si sarebbero potute tagliare alcune scene un po' meno utili al tutto, però poi il racconto si riprende. Ha i suoi alti e bassi, ma la storia è piena di colpi di scena e riesce a mantenere viva l'attenzione su se stessa. 

Per non parlare del finale poi, quando Gennaro rivela alla protagonista di avere una sorpresa per lei e Silvia crede che voglia proporle di sposarlo. Il lettore si ritrova a chiedersi follemente "se non è quello, cosa potrebbe essere?", per poi scoprire qualcosa che lo coglie davvero di sorpresa. Già questo è un colpo di scena, ma finché non si legge il vero finale non ci si crede! Diciamo che è sicuramente la parte più emozionante dell'intero romanzo.

Un altro punto forte di questa storia è indubbiamente il modo in cui tocca argomenti delicati raccontandone come se l'autore l'avesse vissuto davvero (il che è improbabile dato che c'è un incompatibilità di fondo con la protagonista ^^'). I fatti non vengono trattati in maniera delicata, mettendoci davanti a un racconto crudo in più punti, dove l'odio verso un uomo nasce per un suo macabro gesto dovuto alla pazzia. Siamo spettatori di realtà che accadono nella vita di tutti i giorni, di ingiustizie alle quali non possiamo chiudere un occhio, ritrovandoci a non poter condannare del tutto la nostra protagonista per la scelta che fa alla fine.

Ma è proprio quello l'interrogativo che ci rimane al termine: è giusto il comportamento che ha avuto Silvia? È giusto che al giorno d'oggi dobbiamo farci giustizia da soli per ciò che ci accade? È davvero giusto che un uomo che ha aggredito una persona sfigurandole il volto per il gusto di farlo esca dopo un mese di prigione?

Le cicatrici dell'odio ci lascia l'amaro in bocca ma non perché non sia una bella storia, al contrario perché, pur avendo un ritmo un po' lento, riesce a coinvolgere a tal punto da farci provare queste sensazioni contrastanti.


Arrivati alla fine, in sintesi, vorrei consigliare questo libro a tutti coloro che hanno un po' di pazienza nella lettura perché può risultare un po' lungo per lo stile narrativo che ha, ma terminarlo ne vale davvero la pena per poter provare queste emozioni.

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